CONFORMARSI ALLA NORMATIVA PRIVACY

 

1. Categorie di dati

I “dati” rappresentano spesso uno dei beni più preziosi posseduti da un’impresa,

sia essa di grandi o piccole dimensioni. Possono essere di tipo commerciale,

rappresentare il portafoglio degli attuali clienti o di quelli futuri, raccontare l’organizzazione interna.

Le potenzialità economiche dei dati sono direttamente proporzionali alla liceità

del loro trattamento, raccogliendoli e trattandoli nel rispetto della privacy. È bene,

tra l’altro, che la leadership di un’azienda sia ben consapevole della differenza esistente tra i vari tipi di dati.

Alcuni infatti possono essere utilizzati senza particolari problemi, altri necessitano di apposite garanzie e protezioni.

I dati personali sono tutte le informazioni relative a una persona fisica, identificata

o identificabile, anche indirettamente (mediante riferimento a qualsiasi altra informazione), incluso l’eventuale

numero di identificazione personale.

Dati personali sono, ad esempio, un indirizzo e-mail o l’immagine fotografica di una persona, il codice fiscale o

un numero telefonico, un indirizzo IP o una targa automobilistica.

Non sono più considerati come dati personali, e quindi, almeno in linea generale,non sono più tutelati dalla

normativa sulla privacy, i dati riferibili alle persone giuridiche, ovvero a imprese, enti e associazioni.

I dati sensibili sono quei particolari dati personali che consentono di rivelare

l’origine razziale ed etnica di una persona, le sue convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere.

Lo sono anche quelli che indicano l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere

religioso, filosofico, politico o sindacale. Oppure i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Tra i dati che necessitano di particolari cautele vi sono quelli giudiziari, una categoria che include le

informazioni contenute nel casellario giudiziale e quelle connesse alla posizione di imputato o indagato in

procedimenti penali, ma anche i dati biometrici o i dati genetici.

 

2. L’organigramma Privacy

In un’azienda la ripartizione dei compiti e delle responsabilità è definita con

chiarezza. La struttura organizzativa può essere complessa, ma è opportuno che

emerga “chi fa cosa” e con quali scadenze.

Il Codice della privacy evidenzia questa necessità e impone di definire bene quali

figure hanno la possibilità di trattare dati personali.

Il titolare del trattamento è il soggetto che esercita un potere decisionale,

del tutto autonomo, sulle finalità e sulle modalità del trattamento. Può essere

sia una persona fisica (l’imprenditore individuale) sia una persona giuridica (ad

esempio, una società a responsabilità limitata) che tratta i dati (con la raccolta, la

registrazione, la comunicazione degli stessi o la loro diffusione).

Il titolare del trattamento, se lo ritiene utile in base all’organizzazione aziendale,

può designare uno o più soggetti come responsabile del trattamento ed è

tenuto a vigilare sulla puntuale osservanza delle istruzioni impartite loro.

La nomina deve essere effettuata con un atto scritto in cui siano precisati anche

i compiti affidati. Occorre comunque scegliere persone fisiche od organismi

(inclusi soggetti esterni all’impresa) che per esperienza, capacità e affidabilità,

forniscano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia

di trattamento dei dati, compreso il profilo relativo alla sicurezza.

Sono molti i casi in cui l’azienda, per scelta o per necessità, fa svolgere parte

delle attività e del conseguente trattamento dei dati a soggetti esterni. Proprio

in questi casi, a seconda del tipo di contratto che definisce tale rapporto, può

essere necessario che l’azienda nomini il soggetto esterno quale responsabile del

trattamento (ad esempio quando si utilizzano servizi informatici in outsourcing

oppure quando ci si avvale dei servizi offerti da un call center o da un altro tipo di fornitori).

Gli incaricati del trattamento sono le persone fisiche che effettuano le operazioni

di trattamento dei dati personali e operano sotto la diretta autorità del titolare (o

del responsabile se è stato nominato) secondo precise istruzioni.

Per poter svolgere queste operazioni in maniera lecita, è necessario che il

personale chiamato a trattare i dati venga opportunamente designato per iscritto

individuando puntualmente l’ambito di trattamento consentito.

Al fine di semplificare questo adempimento è però sufficiente documentare

l’inserimento di un soggetto in una determinata unità organizzativa (ad esempio

l’ufficio del personale), a condizione che risulti, per iscritto, quale sia l’ambito di

trattamento dei dati consentito agli addetti di tale unità.

 

3. Informativa e Consenso

L’informativa

Un’impresa che tratti dati personali deve spiegare agli interessati (ad esempio

ai propri clienti e dipendenti), con un’informativa completa e chiara, le

caratteristiche essenziali dei trattamenti effettuati: dove sono stati presi i dati, le

finalità e le modalità del trattamento, se i dati debbano o possano essere forniti, i

soggetti o le eventuali categorie ai quali i dati personali possono essere comunicati

o che possono venirne a conoscenza, nonché il nome di almeno un responsabile

del trattamento, qualora designato.

L’informativa deve essere per quanto possibile sintetica e comprensibile.

Occorre informare la persona interessata prima di cominciare a utilizzare i suoi

dati, ma tale comunicazione può avvenire anche a voce, ad esempio quando si

ha la possibilità di un contatto diretto o telefonico, o interagendo con l’interessato

anche mediante il sito web aziendale.

Proprio per permettere che questo importante compito non diventi un costo per

le imprese, il Garante ha consentito e suggerito forme semplificate di informativa.

Ad esempio, ferme restando le specifiche norme di tutela previste dallo

Statuto dei lavoratori, per informare le persone dell’esistenza di un sistema di

videosorveglianza è sufficiente esporre dei cartelli che segnalino le telecamere e

che indichino le finalità della ripresa.

Per avvisare che un veicolo aziendale è sottoposto a geolocalizzazione si può,

ad esempio, fornire una prima informativa semplificata applicando un apposito

adesivo (vetrofania) ai vetri della vettura.

In casi particolari, il singolo imprenditore o la stessa associazione di categoria

possono rivolgersi al Garante per chiedere un esonero o per definire ulteriori

procedure semplificate nel caso in cui, ad esempio, si debba contattare un numero

molto elevato di persone difficilmente raggiungibili.

 

Il consenso

L’impresa, dopo aver informato l’interessato, deve in genere chiedergli il consenso

per utilizzare i suoi dati personali (si parla infatti di consenso “informato”).

Tale consenso, affinché il trattamento dati svolto possa considerarsi legittimo,

deve essere liberamente espresso e documentato per iscritto (se è stato espresso

a voce, ad esempio, si può tenere traccia da chi, dove e quando sia stato ottenuto il consenso).

È anche necessario differenziare il consenso richiesto in base allo specifico tipo

di trattamento che si vuole effettuare, eventualmente spiegando alla persona

interessata, ad esempio un cliente, quali benefici può avere offrendo il suo assenso

al trattamento dei dati.

A tal proposito, l’utilizzo dei dati personali per finalità di marketing non può

essere reso di fatto obbligatorio, condizionando ad esempio l’accesso ai contenuti

informativi di un sito web al rilascio del consenso a trattare i dati per finalità

diverse, quali la profilazione e il marketing.

Occorre fare attenzione anche quando si acquisiscono liste di dati personali da

soggetti terzi e non direttamente dagli interessati.

Prima di utilizzarli è infatti necessario verificare se gli interessati abbiano dato il

proprio consenso (magari con verifiche a campione sui dati acquistati) al tipo di

trattamento dati che si vuole svolgere, come quello per l’invio di offerte commerciali.

L’azienda dovrà poi ricordarsi di fornire l’informativa alle persone interessate già

al momento della registrazione o del primo utilizzo dei loro dati.

Quando il consenso non è necessario

Il Codice della privacy e le ulteriori semplificazioni introdotte dal Garante prevedono

casi in cui non è richiesto il consenso delle persone interessate, siano esse clienti o

dipendenti, fornitori o semplici utenti, affinché l’impresa possa trattare i loro dati personali.

Il consenso non è richiesto quando il trattamento è previsto da un obbligo di

legge (come quello che impone agli alberghi di comunicare le generalità delle

persone alloggiate alle autorità di pubblica sicurezza), da un regolamento o dalla

normativa comunitaria.

Il consenso non è necessario quando i dati vengono trattati per adempiere, prima

della conclusione di un contratto, a specifiche richieste dell’interessato, come

avviene per i dati necessari per la concessione di un mutuo.

Il consenso non occorre neppure per il trattamento dei dati necessari per

l’esecuzione di un contratto già in essere, come quelli per la fatturazione di un

prodotto o servizio. Riguardo a quest’ultimo punto, le società non devono, ad

esempio, chiedere ai “clienti” il consenso per l’uso dei loro dati quando rilasciano

carte di fedeltà (come quelle dei supermercati o dei benzinai) al solo fine di offrire

sconti, premi, bonus, servizi accessori, facilitazioni di pagamento.

In questo caso, infatti, il trattamento di dati è necessario per eseguire gli obblighi

derivanti dal contratto di fidelizzazione sottoscritto. È invece richiesto uno specifico

consenso per usare gli stessi dati per altri fini come la profilazione, lo studio dei

comportamenti e delle scelte d’acquisto, il marketing in generale.

I consumatori hanno il diritto di non dare il consenso all’uso dei dati per tali scopi,

senza per questo dover rinunciare alla tessera di fidelizzazione.

Le imprese sono invece esonerate dall’obbligo di acquisizione del consenso per

le attività promozionali e di marketing rivolte ai propri clienti effettuate tramite la

posta elettronica o la posta cartacea.

In particolare, una società non deve richiedere il consenso per inviare comunicazioni

promozionali che riguardino prodotti e servizi alla persona che ha già acquistato,

dallo stesso titolare, beni analoghi (è il cosiddetto “soft spam”).

Naturalmente il cliente deve essere adeguatamente informato anche riguardo

alla possibilità di opporsi in qualunque momento all’uso dei propri dati, in

maniera agevole e gratuita, anche a voce o con l’invio di una e-mail, ottenendo un

tempestivo riscontro dall’impresa che confermi l’interruzione delle comunicazioni commerciali.

Si possono trattare senza consenso anche i dati relativi allo svolgimento di

attività economiche, nel rispetto della normativa in materia di segreto aziendale

e industriale, compiute dall’interessato (ad esempio i dati relativi allo stato di

insolvenza o alla correttezza commerciale di una impresa individuale).

Non è necessario il consenso degli interessati neppure per utilizzare i dati

personali provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque.

Il fatto che un dato sia conoscibile da chiunque non significa, però, che possa

essere utilizzato per qualunque attività.

In particolare, va rispettato il vincolo di finalità è cioè che i dati disponibili al

pubblico possono essere utilizzati solo se il trattamento svolto (come l’invio di

comunicazioni informative) risulta strettamente attinente alla specifica attività

svolta dall’interessato e che è posta alla base della pubblicazione di quei medesimi dati.

Ad esempio, i dati del Pubblico Registro Automobilistico si possono usare senza

consenso per finalità attinenti la sicurezza stradale (ad esempio per ricordare

l’obbligo di revisione periodica dell’autoveicolo) ma non per l’invio di pubblicità.

E’ inoltre previsto che non sia richiesto il consenso per alcune attività svolte

all’interno di gruppi di imprese come nel caso in cui sia necessario comunicare

i dati per finalità meramente amministrativo-contabili. Infine, non è necessario

ottenere il consenso dell’interessato quando il trattamento dei dati è necessario

ai fini dello svolgimento di investigazioni difensive o comunque per far valere un

diritto in sede giudiziaria.

Il Consenso e i dati sensibili

I dati sensibili, come le informazioni sulla salute di una persona, necessitano di tutele rafforzate.

Per poterli utilizzare, l’impresa deve prima ottenere il consenso scritto della

persona interessata e l’autorizzazione del Garante.

Anche in questo caso, per agevolare la normale attività imprenditoriale, l’Autorità

ha semplificato al massimo le procedure e ha adottato alcune autorizzazioni

generali che valgono per intere categorie di soggetti o per determinate tipologie

di trattamento, al fine di definire le regole per gli utilizzi più comuni ed evitare la

richiesta di autorizzazioni ad hoc.

Ne rappresenta un esempio l’autorizzazione generale per il trattamento dei dati

sensibili o giudiziari nell’ambito del rapporto di lavoro o per il trattamento effettuato

da liberi professionisti o da organismi di tipo associativo o dalle fondazioni.

In specifici casi, al fine di facilitare l’uso dei dati, non è previsto neppure il consenso

dell’interessato, come per l’adempimento degli specifici obblighi e compiti previsti

per la gestione del rapporto di lavoro durante tutte le fasi.

 

4. Curriculum Vitae

Anche nel processo di selezione del personale vi è un’attività di trattamento di dati

personali dei candidati.

Il rispetto della privacy, però, non pone limiti all’incontro della domanda di lavoro

con la disponibilità dei posti offerti dalle imprese. A tal proposito, in base alle

disposizioni del Codice della privacy, è superfluo richiedere al candidato il consenso

al trattamento dei dati personali contenuti nel curriculum, per finalità di selezione

del personale, a meno che non abbiano natura sensibile (come l’appartenenza a

categorie protette) o non siano destinati alla comunicazione a terzi.

L’impresa che avvia una selezione del personale deve però fornire al candidato,

a voce o per iscritto, prima di acquisire il suo cv, l’informativa sul trattamento

dei dati personali. Sono presenti inoltre norme che agevolano le procedure che

l’impresa deve adottare quando è l’interessato stesso a far pervenire di sua

iniziativa il curriculum (autocandidatura).

In questo specifico caso, l’azienda che riceve i curriculum inviati spontaneamente

non ha l’obbligo di offrire l’informativa o di chiedere al candidato il consenso

per il trattamento dei dati personali (inclusi quelli sensibili) contenuti nella documentazione pervenuta.

Solo nel momento in cui l’azienda decida di prendere in considerazione il

curriculum e di contattare il candidato, dovrà fornire all’interessato, anche a voce,

una informativa breve con l’indicazione delle finalità e modalità del trattamento

dei dati, i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono

essere comunicati, e l’ambito di diffusione dei dati medesimi, nonché gli estremi

identificativi del titolare e di almeno un responsabile, se designato Trattamenti

 

5. Trattamenti particolari: controllo sul lavoro

L’imprenditore deve valutare con attenzione quali strumenti adottare al fine

di evitare trattamenti di dati non necessari che, tra l’altro, possono risultare

eccessivi o anche discriminatori.

È lecito, ad esempio, installare un sistema di videosorveglianza per

esigenze organizzative e produttive, per consentire, ad esempio, di intervenire

immediatamente nel caso in cui si verifichino situazioni di rischio (come negli

ambienti dove si effettuano lavorazioni pericolose).

Ma se tale raccolta di immagini può consentire anche il controllo a distanza e la

verifica dell’attività dei lavoratori, occorre tenere in considerazione non solo le

norme previste dal Codice della privacy, ma anche quelle indicate nello Statuto dei lavoratori.

Altrettanti cautele vanno adottate, ad esempio, anche quando si utilizzano software

che, al fine di migliorare le prestazioni della rete internet aziendale, potrebbero

però consentire il monitoraggio della navigazione o della posta elettronica dei dipendenti.

Occorre definire bene anche l’utilizzo di tecnologie che consentono la precisa

localizzazione del lavoratore come, ad esempio, il Gps dell’autoveicolo o dello

smartphone in dotazione, o l’Rfid (Identificazione a radio frequenza) del

documento di riconoscimento. Ciò non significa che non si possa ricorrere alla

geolocalizzazione, ma che devono essere valutate tutte le circostanze del caso e la

proporzionalità del suo utilizzo.

 

6. La tutela del patrimonio dati

I dati raccolti da un’impresa rappresentano un asset fondamentale per il suo

successo sul mercato. Questa necessità aziendale si trasforma in un obbligo di

legge quando ad essere raccolti, conservati o trattati in qualunque modalità sono dati personali.

Devono quindi essere adottate idonee e preventive misure di sicurezza, in modo

da ridurre al minimo i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati

stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

Se sono conservati in formato cartaceo potrebbe essere sufficiente mettere un

lucchetto all’armadio o alla stanza dove sono archiviati documenti e fascicoli,

nonché definire le regole a cui devono sottostare le persone che hanno la “chiave” per accedervi e per trattarli.

Se invece sono in formato digitale, come quelli trattati attraverso computer, tablet

o smartphone, è necessario applicare misure più complesse e adeguate al tipo di rischio.

 

Misure minime

Il Codice prevede che per il trattamento dei dati è necessario che i titolari adottino

misure minime di sicurezza che garantiscano, ad esempio, in caso di trattamento

elettronico, la verifica dell’identità di chi accede al sistema (ad esempio, codici

identificativi personalizzati, password sicure), l’adozione di un apposito sistema

di autorizzazione che consenta attività predefinite, l’utilizzo di strumenti (come

antivirus aggiornati e altri software e sistemi di protezione) per impedire accessi illeciti o abusivi.

Occorre predisporre “copie di backup”, in modo da poter rendere nuovamente

disponibili dati e sistemi e definire misure di protezione particolari per i dati

sensibili, adottando tecniche crittografiche che non li rendano immediatamente

leggibili in caso di accessi illeciti.

È parimenti importante, per la sicurezza dell’azienda e per la protezione dei

dati personali, che il personale addetto a queste attività riceva un’adeguata

formazione e che le misure adottate siano aggiornate. Non sussiste più, invece,

l’obbligo di predisporre un “documento programmatico sulla sicurezza” che

elenchi le misure adottate.

Le imprese potranno comunque trarre beneficio da un monitoraggio frequente

della propria privacy policy e delle misure adottate per proteggere i dati,

mantenendo così sotto controllo la situazione.

Misure idonee

A volte, in base alla complessità tecnologica dell’azienda e al livello di rischio a cui

si è sottoposti, l’adozione delle misure minime di sicurezza potrebbe risultare non sufficiente.

L’imprenditore (il titolare e i responsabili del trattamento), nel caso in cui a seguito

di violazioni dei dati sia chiamato in causa per un’azione risarcitoria in sede

civile, dovrà affrontare le difficoltà derivanti dall’inversione dell’onere della prova,

e dovrà essere in grado di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee atte

a ridurre i rischi connessi al non corretto utilizzo dei dati.

Cloud Computing

Particolare attenzione deve essere prestata alla modalità con cui si adottano

innovazioni tecnologiche, come quelle offerte dal cloud computing, affinché le

eventuali opportunità di efficienza e risparmio non si trasformino in un rischio per

la sicurezza dei dati dell’impresa.

 

7. Amministratori di sistema

All’interno delle grandi imprese, in genere, esiste una figura particolare che si

occupa della gestione dei sistemi informatici e della sicurezza: l’amministratore di sistema.

Considerato che può avere accesso ai dati più riservati di un’azienda, il Garante ha

prescritto che anche il suo operato sia trasparente e posto sotto il controllo del titolare del trattamento.

Occorre innanzitutto valutare con attenzione l’esperienza, la capacità, e l’affidabilità

delle persone chiamate a ricoprire tale ruolo, conservando poi elenco con i loro

tremi identificativi e con l’indicazione delle funzioni ad essi attribuite.

Devono essere utilizzati sistemi di controllo (presenti in tutti i moderni sistemi

operativi oggi in uso) che consentano la tracciabilità degli accessi effettuati dagli

amministratori di sistema agli archivi elettronici e ai sistemi di elaborazione, e la

registrazione dei relativi dati per un tempo non inferiore ai sei.

Il titolare del trattamento dovrà poi provvedere a una verifica, con cadenza almeno

annuale, sulla rispondenza dell’operato degli amministratori di sistema alle misure

organizzative, tecniche e di sicurezza previste dalla legge per i trattamenti di dati personali.

 

8. Trasferimenti di dati all’estero

Trasferimenti verso Paesi certificati

Per poter “esportare” dati personali è necessario attenersi a precise regole. La

normativa comunitaria prevede infatti che i dati personali possono circolare liberamente entro l’Unione europea.

Per trasferire dati al di fuori dell’Unione europea devono invece essere garantiti

standard di protezione adeguati a quelli europei: in caso contrario è vietato trasferire dati personali.

Per semplificare l’attività di ricognizione dell’imprenditore che ha necessità di

trasferire i dati, il Garante pubblica sul proprio sito internet un elenco aggiornato

degli Stati “terzi”(cioè non appartenenti all’Unione europea o allo Spazio Economico

Europeo) che sono già ritenuti affidabili a livello europeo e per i quali non è

necessario alcun “passaporto” per l’esportazione.

 

Trasferimenti verso Paesi “non certificati”

Se il paese scelto non è in questa lista, l’eventuale trasferimento dei dati può essere

consentito sulla base di altre garanzie adeguate.

Nel caso di imprese multinazionali, quindi operanti in più Paesi anche su diversi

continenti, che devono trasferire dati “infragruppo”, cioè all’interno della propria

complessa struttura societaria (ad esempio tra imprese collegate o controllate,

comunque facenti parte del gruppo), si può verificare se sono state adottate

adeguate norme vincolanti d’impresa (Binding Corporate Rules) che devono

essere autorizzate dalle autorità europee di protezione dati, attraverso una

specifica procedura che coinvolge anche il Garante italiano.

In tutti gli altri casi, valgono le eccezioni al divieto di trasferire dati in Paesi terzi: è

consentito, ad esempio, il trasferimento se vi è l’apposito consenso dell’interessato

(consenso scritto nel caso in cui si tratti di dati sensibili), oppure quando il

trasferimento risulta necessario per l’esecuzione di obblighi derivanti da un

contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione

del contratto, a specifiche richieste dell’interessato.

 

9. Diritti della persona interessata

Le richieste di informazione in merito al trattamento effettuato con i dati personali

devono essere gestite adeguatamente.

La normativa sulla privacy garantisce alla persona interessata (ad esempio

dipendente, cliente o utente) specifici diritti come quello di conoscere quali siano

i dati che lo riguardano in possesso dell’impresa e per quale motivo siano stati raccolti e come siano elaborati.

Si può richiedere l’estrapolazione e la messa a disposizione in modo intelligibile dei

dati personali, il loro aggiornamento, la rettifica o l’integrazione. In caso di violazione

di legge, si può anche esigere il blocco, la cancellazione o la trasformazione in

forma anonima di queste informazioni.

Inoltre,, in linea generale, un dato personale non deve essere conservato per

sempre, ma solo fin quando è necessario per lo scopo per il quale i dati sono stati raccolti.

Qualora non sia indicato per legge un preciso termine di conservazione, occorre

comunque prevederlo. Una risposta puntuale e completa da parte della società

è sempre un indicatore positivo di efficienza e trasparenza, oltre ad evitare un

intervento del Garante da cui possano derivare provvedimenti anche sanzionatori

per il mancato rispetto dei diritti dell’interessato.

 

10. Distruzione o perdita di dati personali

Le imprese dovrebbero reagire con prontezza ogni volta che si verifichino

violazioni dei dati personali trattati.

In questi casi, al di là delle conseguenze in termini di responsabilità civile e penale,

è opportuno avvisare gli interessati del problema riscontrato, anche per consentire

loro di adottare misure che limitino i possibili pregiudizi alla persona (ad esempio,

furto di identità o il danno alla reputazione).

Alcuni dei settori più esposti in tal senso sono quello bancario, della sanità e delle telecomunicazioni.

Per garantire maggiori tutele ai consumatori, una disposizione europea, ora

adottata anche in Italia, impone alle società telefoniche e ai fornitori di servizi

di accesso a Internet un vero e proprio obbligo di comunicare al Garante della

privacy, e in certi casi anche agli utenti stessi, eventuali gravi “violazioni di dati

personali” subite dalle loro banche dati (le cosiddette data breaches) che dovessero

comportare perdita, distruzione o diffusione indebita di dati.

In caso di attacchi informatici o di eventi avversi, quali incendi o altre calamità,

l’impresa avrà così non solo l’obbligo ma anche l’opportunità di dimostrare la

propria efficienza e capacità di reazione.

 

Back